Viaggiare in autobus attraverso il Portogallo è, per molti residenti e turisti, una scelta obbligata o di convenienza economica, ma siamo sicuri che siano rispettati tutti i termini di sicurezza? Da un’inchiesta condotta dal giornale portoghese Nascer do SOL si getta una luce preoccupante su chi siede realmente al posto di guida. Immaginate un conducente che ha appena terminato il suo turno diurno nel traffico caotico di Lisbona o Porto, e che invece di riposare, si mette alla guida di un autobus espresso per una tratta notturna verso l’Algarve o il nord del Paese. Purtroppo parrebbe non essere uno scenario ipotetico, ma piuttosto una prassi che vede protagonisti autisti impegnati in vere e proprie maratone lavorative. Accadrebbe spesso nei giorni di riposo settimanale obbligatorio, accumulando ore di guida ben oltre i limiti della sicurezza fisiologica e legale.
Il fenomeno coinvolgerebbe principalmente autisti freelance che, spinti dalla necessità economica, prestano servizio per aziende di trasporto municipale durante il giorno per poi trasformarsi in conducenti di linea a lunga percorrenza la sera o nei fine settimana. Le tratte interessate coprono l’intero territorio nazionale, collegando città come Braga, Porto, Lisbona, Setúbal e Faro. Secondo quanto emerso, non si tratta solo di autisti di autobus urbani. Secondo le fonti del SOL tra le fila di questi doppi turnisti si nasconderebbero anche agenti della GNR, della PSP e conducenti di mezzi pesanti per la raccolta rifiuti. Tutti reclutati tramite agenzie di lavoro interinale. Speso pagati in contanti alimentando anche un circuito di evasione fiscale oltre al rischio stradale.
Il buco nero del tachigrafo e i controlli impossibili

La domanda sorge spontanea: come è possibile che le autorità non intervengano? La risposta risiede in un pericoloso vuoto normativo, un “buco nero” tecnico che rende i controlli su strada quasi inefficaci. L’Unione Europea impone l’uso del tachigrafo digitale per monitorare i tempi di guida e di riposo. Ma il Portogallo prevede un’esenzione per le aziende municipali che operano su percorsi inferiori ai 50 chilometri. Di conseguenza, quando un autista termina il suo servizio su di un autobus urbano, le sue ore di guida di quel giorno non sono registrate su un dispositivo accessibile alla polizia stradale.
Quando lo stesso autista sale su un autobus a lunga percorrenza e inserisce la sua carta tachigrafica, per il sistema risulta fresco e riposato, pronto a guidare. La polizia, fermando il mezzo per un controllo, non ha strumenti immediati per verificare se quell’uomo ha già ore di stressante guida urbana alle spalle. Questo scollamento tra i dati delle aziende municipali e quelli delle compagnie private crea una zona franca in cui prospera quella che noi italiani diremmo “l’interesse acceca anche i galantuomini”, qui declinata nella sua accezione più pericolosa: l’arte di aggirare le regole.
Sulla sicurezza il silenzio delle istituzioni in Portogallo e la fame di autisti di autobus
L’aspetto forse più inquietante della vicenda è la consapevolezza diffusa. Non siamo di fronte a casi isolati sfuggiti al controllo, ma a un sistema che pare operare con il tacito consenso degli organismi di vigilanza. Secondo l’inchiesta di SOL già nel gennaio 2023, il Gruppo Barraqueiro aveva inviato comunicazioni ufficiali alle aziende municipali e agli enti preposti, segnalando l’anomalia e chiedendo verifiche su autisti che offrivano servizi extra durante i riposi. Tuttavia, le risposte dell’Autorità per le condizioni di lavoro (ACT) e dell’Istituto per la mobilità e i trasporti sono state, nella migliore delle ipotesi, evasive o del tutto assenti.
Le grandi compagnie internazionali di autobus che operano in Portogallo, spesso leader del settore in Europa, si difendono affermando di affidare i controlli di sicurezza direttamente ai loro partner locali. Scaricando di fatto la responsabilità verso il basso. Ma alla base di tutto, c’è un problema strutturale che il Portogallo condivide con molti altri Paesi europei: la cronica carenza di personale. La domanda di mobilità supera l’offerta di lavoratori qualificati, costringendo le aziende a ricorrere a freelance e a chiudere un occhio, se non entrambi, sulla provenienza e sulla stanchezza di chi si mette al volante. In questo scenario, ai passeggeri non resta che sperare nella buona sorte, mentre si spera che le istituzioni non attendano l’inevitabile incidente per risvegliarsi dal torpore.
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